Introduzione all’uso della banca dati.
Questa banca dati, denominata ESTIMO, nata in un seminario del corso di Storia economica e sociale del Medioevo all’Università Ca’ Foscari di Venezia (prof. Reinhold C. Mueller) e rivista a fondo assieme a Dr. Linda Guzzetti (Berlino), riproduce l’estimo del 1379 come è stato pubblicato da Gino Luzzatto nel 1929, ma con correzioni di lettura. Il documento era già stato pubblicato a fine Settecento da Giambattista Galliccioli; Luzzatto è ripartito dallo stesso “testimone” utilizzato da Galliccioli, correggendo errori e sviste della pubblicazione precedente1. In verità non esistono manoscritti originali e nemmeno coevi dell’estimo del 1379: i tre manoscritti sopravvissuti sono copie tarde che spaziano dalla metà del Cinquecento al Settecento.
Per una critica del testo in questa sede sarà sufficiente notare qualche elemento di base. Come detto, i testimoni noti sono tre. Il primo cronologicamente, quello inserito nella cosiddetta Cronaca Alberegna e seguito dagli stemmi colorati delle famiglie di Venezia (non solo patrizie), è di metà Cinquecento.2 I nominativi delle “ditte” sono dati in ordine alfabetico per nome di battesimo; ogni maschio è chiamato “ser”, come ogni femmina è “dona”, senza che ci fosse distinzione alcuna tra patrizi e non-patrizi. Questa organizzazione del materiale corrisponde verosimilmente a quella originale.
Invece di prendere quest’ultimo testimone da modello, sia Galliccioli che Luzzatto hanno preso come testo base la copia fatta un secolo ancora più tardi.3 Fa parte di una miscellanea di fogli e quaderni di diverse misure e epoche, riguardanti materie eterogenee, rilegati assieme. Quel copista, o un’altro prima di lui, si è preso la briga di cambiare l’ordine, mettendo prima quelli che lui pensava fossero patrizi nel biennio 1379-80, segnalando solo loro con il titolo di “ser”; il titolo di “dona”, invece, l’ha utilizzato per segnalare tutte le donne, sia patrizie che popolane. Luzzatto, infine, non aveva corretto le bozze per cui ci sono numerosi errori di copiatura delle somme dell’imponibile; queste sono state corrette nella banca dati, segnalandolo in nota.
Il terzo testimone, la copia più recente di una mano da scriptor professionista molto regolare e databile piuttosto nel ’700 che nel tardo ’600, si trova a Vienna.4 Fu questo il testimone studiato da Margarete Merores.5 Il sistema di registrazione è diverso ancora: come in C i nomi sono dati in ordine alfabetico indistintamente, ma i nominativi di patrizi o presunti tali sono indicati da una S (per ser) e una Da (per dona/donna); a differenza di C, cioè, le donne qui vengono distinte per (presunto) ceto.
Va da sé che nell’assenza della lista originale o di una copia coeva, non si poteva intraprenderne una edizione minimamente “critica”.
In che cosa consiste questo documento? È una semplice lista di nomi di capifamiglia, ca. 1100 nobili e 1000 popolari, più 42 enti tra parrocchie, ospedali e monasteri, con accanto la cifra d’estimo di ciascun nominativo o “ditta”; la cifra è la stima di valore del patrimonio imponibile che risulta da una dichiarazione individuale sottoposta al controllo da parte di una commissione ad hoc di sapientes. Non è una cifra che sia mai stata dovuta o pagata, ma è una stima dell’imponibile sul quale il Senato richiedeva il pagamento di una percentuale, generalmente 0,5% o 1,0%, in contanti e entro una data fissa, a seconda del fabbisogno di bilancio del momento, spesso una volta al mese. Va da sé che durante la guerra di Chioggia, causa di questa revisione dell’estimo, le imposizioni erano molto più pesanti: in meno di quattro anni al contribuente era richiesto di versare in contanti un totale di 41% del patrimonio imponibile (non certo “107%” come indicato da Gino Luzzatto, a causa di una sua incomprensione della moneta di conto di riferimento, trattandosi infatti non di una “lira a grossi” bensì di una “lira d’estimo” pari a un ducato d’oro). L’estimo riflette tutto un sistema di deficit spending secondo il quale la parte più abbiente della società, circa il 12% della popolazione, permetteva al governo di affrontare spese di solito straordinarie, come quelle militari, con un contributo veloce in contanti. Esso prende la forma di una registrazione contabile nei libri dell’ufficio preposto alla riscossione (la Camera degli imprestiti), la quale dava al contribuente-creditore un titolo di credito, una obbligazione sulla quale lo stato pagava un’interesse nell’ordine, prima della guerra di Chioggia, del 5% annuo, in due rate o “paghe” semestrali; l’obbligazione era negoziabile in un fiorente mercato secondario, dove potevano investire anche persone non iscritte all’estimo, anche stranieri, che però dovevano chiedere preventivamente un privilegio di cittadinanza de gratia.6
Parte dell’estimo, il cui scarno contenuto si riporta qui, dovette essere stata portata a termine velocemente, sotto l’urgenza della guerra di Chioggia, già nella primavera del 1379, se un immigrato lucchese registrato regolarmente come vivo morì a metà aprile.7
Pubblichiamo in questa banca dati innanzi tutto queste 2183 ditte (comprese le commissarie, ad es. “i heriedi de ser Renier Zen”, doge morto nel 1268) come risultano nell’edizione del Luzzatto: n° di pagina, ditta, cifra d’estimo, sestiere, contrada ossia parrocchia. Solo nelle righe seguenti siamo intervenuti per normalizzare i nomi in modo da facilitare la ricerca. Segue il sesso del/della capofamiglia, poi l’indicazione della condizione sociale (nobile o non-nobile); segue una riga con la provenienza del capofamiglia qualora immigrato o comunque indicato nella fonte e una con il suo mestiere, professione o ramo di attività; conclude ogni scheda un campo Note.
Tutte le informazioni aggiuntive a quelle riportate nello scarno documento dell’estimo stesso e quindi ripescate da altre fonti, in particolare da un privilegio di cittadinanza, vengono precedute da un asterisco (*). La nota poi dà la fonte della notizia aggiuntiva e, nel caso di un privilegio di cittadinanza, un link direttamente alla banca dati CIVES (www.civesveneciarum.net) con indicazione della data del privilegio se non direttamente del privilegio stesso.
Le tarde copie contengono numerose anomalie, un certo numero delle quali si sono potute rilevare e correggere. Innanzi tutto, i copisti di M e W hanno distinto le famiglie censite tra nobili e non-nobili, sulla base delle loro conoscenze, per cui hanno indicato, con il titolo “ser”, come già nobili gran parte delle trenta famiglie che erano state cooptate nel Maggior consiglio solo il 4 settembre 1381, dopo la conclusione della Pace di Torino; in altri casi hanno designato come nobili famiglie che non lo erano affatto, come gli immigrati Batagia/Battaglia /delle Battaglie, novi cives negli anni 1330-40, originari di Rimini (cfr. www.civesveneciarum.net); solo nell’anno 1500 un certo Piero Antonio Battaglia, castellano a Cremona, fu fatto membro del Maggior Consiglio, con famiglia e eredi, per il grande merito di aver consegnato a Venezia, invece che a Luigi XII, la fortezza di Santa Croce di Cremona8. Quel “ser” davanti ai nomi di presunti nobili ha ingannato noi e molti altri studiosi di questo estimo.9 Lo stesso vale ovviamente per il titolo “dominus”: c’è il caso, per esempio, dei de Bugni, nobili-feudatari cremonesi immigrati a Venezia e insigniti solo del privilegio di cittadinanza, ma che crearono legami di matrimonio quasi unicamente con famiglie nobili. Giovanni de Bugni, capostipite, fatto cittadino de extra nel 1347 (era quindi residente a Venezia dal 1322), risulta nel 1379 uno dei due non-nobili più ricchi di Venezia con un patrimonio stimato a 50.000 lire d’estimo (ossia ducati).10
Infine, conferma di molti dati dell’estimo viene, come si vedrà, dai privilegi di cittadinanza (banca dati www.civesveneciarum.net). Anche le stime stesse a volte vengono corroborate, visto che un prerequisito per il conseguimento della cittadinanza era il pagamento delle “fazioni”, cioè i contributi al debito pubblico. Lorenzo dei Provinciali è infatti registrato in ambedue le fonti con una stima di £1000; Bartolomeo Acherisio per £4500; Soro di Bartolomeo per £500; Giorgio di Buonvicino per £2650; Orlando fu Ognibene per £6500; Bettino fu Pono per £8000; e in un raro caso di indicazione alla vigilia della guerra troviamo rialzata la stima di Giannino di Piero da £1300 nel 1378 a £1500 nell’estimo del 1379.
Per riassumere, i campi della banca dati sono intitolate come segue:
Molti nomi sono stati certamente letti male dai tardi copisti e tanti sono i cognomi, in particolare, completamente storpiati. Nei casi in cui l’errore era facilmente ricostruibile oppure il nome della persona era individuabile grazie ad altre fonti, lo si è corretto nei campi “primo nome it” e/o “secondo nome it” (e quindi non nel campo “Ditta”). Alcuni esempi: una tale “Cecilia De Maffei” (pagina 195) è invece Crescimben de’ Maffei di Verona, maschio non femmina; similmente, quel “Caluci Mansili” (pagina 168) è Coluccino Marsili da Lucca.11 Un nome non correggibile allo stato attuale delle ricerche è invece “Moczo Diezdo” (pagina 155, quindi M; Moezo in C; Morzo in W, ma tutti e tre con “Diezdo” come cognome - forse ungherese?). Gli studiosi potranno segnalare correzioni di altri nomi e inseriremo le migliori letture in questa banca dati.
- eventuali varianti del nome che compaiono nelle note alla lista pubblicata da Gino Luzzatto;
- le opere, le banche dati o i documenti d’archivio in cui si possono trovare notizie delle persone e degli enti citati nell’estimo.
Queste schede con le note potranno essere corrette
e raffinate, ad infinitum,
con la collaborazione di chi consulta la banca dati. Jan-Christoph
Rössler, per es., ha già potuto identificare e contestualizzare
genealogicamente ben l’80% dei nominativi dei patrizi nell’estimo
del 1379 e un buon numero dei non-nobili.
Si noti infine che le somme subtotali e totali – per parrocchia, per sestiere, per la città – riportate nell’edizione pubblicata da Luzzatto e in tutte e tre i testimoni, sono trovabili qui di seguito nell’Appendice; le somme - controllate - risultano veritiere.
Linda Guzzetti e Reinhold C. Mueller
Berlino e Venezia, maggio 2016
Postscriptum
Nell'aggiornare questa breve introduzione alla banca dati, vale la pena ricordare più di un caveat per l’uso di questo documento del 1379 per la storia economica e sociale della Venezia medievale. Gino Luzzatto aveva messo in guardia gli studiosi del fatto che l’estimo, nella presente forma, non era un documento pubblico; infatti non ne conosciamo l’”originale” e i tre testimoni manoscritti mostrano i chiari segni dell’essere stati copiati da testi diversi, in tempi diversi, anche con diversi concetti della struttura sociale in mente. Si può dare per scontato che l’estimo del 1379 fosse stato compilato in gran fretta, visto il bisogno urgente di denaro contante per affrontare una crisi militare unica, con la flotta genovese nell’alto Adriatico poi nella stessa laguna, minacciando l’esistenza di Venezia. Gli studiosi volevano trovarci almeno le più ricche famiglie della città, ma anche qui Luzzatto ricordava che erano stati stimati con maggiore facilità i patrimoni immobiliari che non quelli mobiliari, liquidi.
Quest’ultimo fatto potrà spiegare in parte l’assenza dalla lista dei nomi di svariate famiglie e personaggi contemporanei, di tutti i livelli sociali. Un caveat in questo senso è stato lanciato anni fa da Alan Stahl in una conferenza tenuta all’annuale convegno dei medievisti a Kalamazoo, Michigan, il 2 maggio 2002, dal titolo Individuals in (and out of) the Venetian Estimo. Ringrazio l’autore per avermi fatto conoscere questo suo testo, rimasto inedito. Esso indicava alcuni nominativi e svariate situazioni anomale, sorprendenti e lì per lì inspiegabili, ma l’autore non riportava ancora una lista di casi riscontrati, personaggi notabili appunto per la loro assenza; infatti, una tale lista sarebbe stata per la sua stessa natura aperta a continue aggiunte e aggiustamenti. Mi permetto qui di indicare solo due casi per me sorprendenti: manca dall’estimo del 1379 il banchiere Gabriele (di Giovanni) Soranzo, di San Severo, il maggiore banchiere attivo a Rialto in quell’anno, mentre il suo concorrente, Piero Benedetto, residente a Santa Fosca, è presente con un estimo di 5000 lire d’estimo (ossia ducati). Manca anche il socio di Gabriele Soranzo, Francesco Corner, figlio del fu doge Marco, responsabile, sembra, per il ramo più prettamente commerciale della società (i due infatti risultano esser stati corrispondenti dell’impresa del noto mercante Francesco di Marco Datini di Prato).
Infine, molto promettente per lo studio dell’estimo del 1379 e degli estimi successivi sarà l’estimo del 1448 circa scoperto recentemente dal dott. Giorgio Lizzul nel corso della sua ricerca sulle cronache veneziane. Qui risultano invece regolarmente i nipoti di Gabriele Soranzo, eredi e continuatori del banco realtino, in primis Benedetto di Cristoforo di Gabriele, come mi ha mostrato gentilmente il dott. Lizzul. Per il momento, non si può che augurarsi la conclusione dell’analisi, storica e statistica, di questa preziosa nuova fonte.
RCM, Venezia, gennaio 2024
1 Gino Luzzatto, I prestiti della Repubblica di Venezia (Sec. XIII-XV). Introduzione storica e documenti, Padova 1929, doc. 165, pp. 138-195. Da notare che il volume postumo di Luzzatto, dal titolo Il debito pubblico della repubblica di Venezia dagli ultimi decenni del XII secolo alla fine del XV, Milano 1963, contiene unicamente l’introduzione storica (con impaginazione araba invece che romana) e non i documenti; il confronto tra i due testi rivela correzioni in vari punti. Giambattista Galliccioli, Delle memorie venete antiche profane ed ecclesiastiche, 9 voll., Venezia 1795, II, pp. 99-183. Un’analisi puntuale e riassuntiva si trova in Gino Luzzatto, Storia economica di Venezia dall’XI al XVI secolo, Venezia 1961, pp. 129-131 (riedito a cura di M. Berengo, Venezia 1995, pp. 117-119). Si avverte che sia Luzzatto che F. C. Lane hanno frainteso la natura della moneta di conto utilizzato dagli ufficiali preposti al debito pubblico, pensando fosse la “lira a grossi”, mentre era una peculiare “lira d’estimo” del valore di un ducato d’oro; v. Reinhold C. Mueller, The Venetian Money Market: Banks, Panics and the Public Debt, 1200-1500, Baltimore 1997, Appendix D.1.
2 Segnatura: Biblioteca del Museo Civico Correr, Venezia, Ms. Cicogna 2569, cc. 143r-157r (sigla: C).
3 Segnatura: Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia, Mss. Cl. It. VII, cod. 90 (8029), cc. 296r-308r, della prima metà del Seicento, di mano di Pietro Foscarini, morto nel 1648 (sigla: M).
4 Segnatura: Österreichische Nationalbibliothek, Wien, Handschrift Palatina 6170, cc. 422r-467r (Sigla: W).
5 Der venezianische Steuerkataster von 1379, in: “Vierteljahresschrift für Sozial- und Wirtschaftsgeschichte”, 16 (1922), pp. 415-419.
6 Sul sistema, vedi Mueller, The Venetian Money Market, capitoli 11-14; per la parte della popolazione obbligata a fare prestiti forzosi (“fare fazion” nei documenti), vedi ibid., p. 491. Un tentativo di contestualizzare il periodo dell’estimo del 1379-80 e la guerra di Chioggia, senza note e spesso opaco, è Roberto Cessi, La finanza veneziana al tempo della guerra di Chioggia, rist. nel suo Politica ed economia di Venezia nel Trecento, Roma 1952, pp. 179-148.
7 Per la tempistica del rilevamento, iniziato forse già il 13 febbraio 1378 e in vigore al più tardi nel gennaio del 1380, vedi Luzzatto, I prestiti, pp. CLXII-CLXIII. Per il caso di Tano Ridolfi, morto il 16 aprile, vedi Luca Molà, La comunità dei lucchesi a Venezia: immigrazione e industria della seta nel tardo Medioevo, Venezia 1994, p. 281.
8 Vedi Mueller, The Venetian Money Market, pp. 488-492; per il caso di Cremona, Id., Immigrazione e cittadinanza nella Venezia medievale, Deputazione di storia patria per le Venezie, Studi, 1, Roma 2010, pp. 157, 176-177; Molà, La comunità dei lucchesi, pp. 280-281.
9 Vedi ad esempio Stanley Chojnacki, In search of the Venetian patriciate: families and factions in the fourteenth century, in Renaissance Venice, a cura di John R. Hale, London 1973, pp. 47-90; problema riconosciuto in Id., La formazione della nobiltà dopo la Serrata, in Storia di Venezia, III, La formazione dello stato patrizio, Roma 1997, pp. 641-725 (sp. 717, n. 48). I nuovi patrizi come anche i perdenti sono stati studiati da M. Teresa Todesco, Aggregati ed esclusi: cooptazioni nel Maggior consiglio di Venezia dopo la guerra di Chioggia (1381), tesi di laurea inedita, Università di Venezia, a.a.a 1986-87, rel. R. C. Mueller. Sulle cooptazioni nella lunga durata, vedi Dorit Raines, Cooptazione, aggregazione e presenza al Maggior Consiglio: le casate del patriziato veneziano, 1297-1797, “Storia di Venezia – Rivista”, I, 2003, pp. 1-64 (disponibile on-line).
10 Chojnacki, La formazione, p. 679; cfr. l’albero genealogico in Reinhold C. Mueller, Ambienti ecclesiastici e laici attorno alla figura di Chiara Bugni, in La Vita e i Sermoni di Chiara Bugni, clarissa veneziana (1471-1514), a cura di Id. e G. Zarri, Roma 2011, p. 87.
11 Identificato da Molà, La comunità dei lucchesi, p. 281.
12 Per i Tanoligo cfr. Chojnacki, La formazione, pp. 65-66.